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Cucinalkemika. Laboratorio di pensieri tramutati in cibo

Blogger 301 Redirect Plugin Cucinalkemika. Laboratorio di pensieri tramutati in cibo : 01/12/10 - 01/01/11

27 dicembre 2010

Sciroppo al pompelmo rosa


Ho bisogno di schiarirmi la voce e parlare, magari mi farà bene. Il post di natale che avevo preparato è rimasto nel cassetto, non c'è natale se non c'è serenità. Che cos'è il natale? Potrebbe essere un bel momento per passare più tempo con le persone che ami, potrebbe essere un'occasione per dimostrare il tuo affetto, ma così non è, almeno qui. Bandisco il natale da casa mia e dalla mia vita. Spero di cambiare idea l'anno prossimo. Quest'anno non è cambiato nulla, ma voglio ricredermi, l'anno prossimo, voglio darle un'altra occasione, anche se sono ormai più di 10 anni che le do più di un'occasione. Mamma io so aspettare, forse non mi conosci bene, forse non hai mai saputo chi sono.

Se lo sciroppo potesse sciogliere il cuore...



SCIROPPO AL POMPELMO ROSA

250 ml di succo di pompelmo rosa (ho spremuto due pompelmi)
170 gr di zucchero
7 bacche di cardamomo
il succo mezzo lime

Mettete in una casseruola il succo di pompelmo, quello di lime, lo zucchero e le bacche pestate nel mortaio. Dal momento in cui bolle, lasciate sul fuoco 10 minuti. Filtrate e mettete in una bottiglia o in un barattolo. Si conserva 2 mesi come una confettura, oppure può essere consumato subito.
E' ottimo sui gelati, per bagnare torte, dolci, per arricchire succhi, spremute, bibite e granite

18 dicembre 2010

MERENDE E GELATI DI UNA VOLTA...



Restare in casa molti giorni a causa della febbre di Viola e della neve mi ha fatto ricordare tante cose. Le avevo letteralmente cancellate. Tutto è nato pensando al fatto che per me è un'occasione rara trascorrere un pomeriggio o un'intera giornata con Viola, in casa per di più, mentre mia madre non ci ha mai detto "non piangere, torno presto...", lei era sempre lì, nella sua casa, nella sua cucina. Ma io cosa facevo durante il pomeriggio, quando avevo la febbre o quando c'era un tempo da lupi per cui non ti era permesso uscire?  Leggevo un libro, un fumetto, giocavo, guardavo poca Tv, parlavo tanto, cantavo... ma poi arrivava o no l'ora della merenda? Cascasse il mondo quella non mancava mai! In questo periodo, ma più che altro a Novembre, era sempre presente l'olio nuovo e come tale non era proprio adatto per la cottura per il suo sapore molto intenso, tuttavia lo si usava degustandolo semplicemente sul pane o accompagnato da salumi (+ pane chiaramente) oppure, per le merende. La merenda più gettonata era pane, olio zucchero e fette di arancia, proprio come nella foto, esistevano altre varianti, ma questa è davvero insuperabile, anche adesso. Come ho fatto a dimenticarmene per così tanto tempo? Quante altre cose ho dimenticato? Avrò tempo per recuperare tutto? Anzi, avrò occasioni per ricordare tutto?



La neve è stata una di queste occasioni speciali per ricordare altri episodi. Le pasticcerie continuano a vendere il gelato anche in inverno. Io credo che molti anni fa, quando ero una bambina, non accadeva. Qualche volta la voglia di gelato ti assaliva nonostante il freddo intenso, la pioggia, le giornate scure, magari solo per ricordare un po' d'estate. Mentre pensavo al gelato mi apparivano quei luccichii del mare al primo sole del mattino, la sabbia ancora fredda, e poi la Coca-cola nella sua mini bottiglietta, la cannuccia, il flipper, la mia mano che salutava la maestra per dirle che ci saremmo riviste dopo due mesi... tutta l'estate correva veloce davanti ai miei occhi, mentre mio padre portava in casa della neve! "Ma se ci dite sempre di non mangiarla?" "Ma questa è pulita, era sul ramo di quell'albero..." In effetti profumava di pino e resina. Così ci si metteva sù un po' di mosto cotto oppure succo d'amarena e... che bello! Com'era semplice ogni cosa! L'ho rifatto anche per Viola, le è piaciuto tantissimo... la cosa più bella è stata sentirle dire "Grazie mamma, profuma!". Grazie Viola per questi ricordi,  grazie a te piccola, mi hai regalato delle giornate indimenticabili!

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11 dicembre 2010

MARMELLATA DI AGRUMI, CARDAMOMO E ZENZERO



Ma quanto tempo sono stata via? Sembra tantissimo, così, a leggere la data dell'ultimo post, eppure è volato. In questo tempo apparentemente lungo tante ricette mi hanno accompagnata. Ieri sera riflettevo tentando di fare un riassunto di tutto quello che ho prodotto nell'ultimo mese e ho notato che a fare da padroni ultimamente nella mia cucina sono stati gli agrumi. Ho letto una frase bellissima su uno degli indimenticabili post di Eniko  recitava così: Non ho più nostalgia dell'estate ora che abbiamo il fuoco...
Ed io che posso dire? Non ho più nostalgia dell'estate ora che ho le arance... Quel colore così intenso mi ipnotizza ogni volta, il loro profumo mi fa attraversare con la mente luoghi immaginari dove adoro perdermi. Come al solito vorrei farle durare in eterno e meglio di un vasetto di puro concentrato di sole non c'è, soprattutto adesso che ho scoperto che sposano benissimo con due spezie che adoro, il cardamomo e lo zenzero!


MARMELLATA DI AGRUMI, CARDAMOMO E ZENZERO

300 gr di arance (già sbucciate e pelate a vivo)
200 gr di mandarini sbucciati e senza semi 1 limone (già sbucciato e pelato a vivo)
350 gr di zucchero
1 carota
4 bacche di cardamomo
3 cm di radice di zenzero fresco

40 gr di scorza di arancia e limone (solo la parte colorata, senza la parte bianca che è amara)

Taglia a pezzetti le arance, i mandarini e il limone pelati a vivo, (togli i semi eventuali), aggiungi lo zucchero, la carota pulita a pezzetti e le scorzette. Frulla il tutto in un mixer e versa in una casseruola con doppio fondo (la consistenza sarà simile ad una spremuta ma poco più densa). Fai cuocere per circa mezz'ora. Aggiungi ora i semi estratti dalle bacche di cardamomo (triturati nel mortaio) e la radice di zenzero grattugiata (raccogli polpa e succo che viene fuori). Prosegui per altri 15 o 20 minuti. Versa nei barattoli sterilizzati e chiudi ermeticamente. Conserva in frigo una volta aperta.

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26 ottobre 2010

CREME SPALMABILI (Nutella e sue varianti)






































Ricordate questo post in cui vi parlavo di Nutella fatta in casa? E' trascorso molto tempo e di varianti ne ho provate molte, anche grazie ad un'amica, Luisa, che ho conosciuto in un forum e che mi ha aiutata a capire come poter creare delle valide alternative anche per chi ha problemi di intolleranze, senza però rinunciare al gusto. Ne è nata così una specie di raccolta, ampliabile all'infinito delle possibili varietà di nutella o, a questo punto, di crema spalmabile del sapore che amate di più. In effetti questo prodotto si lega al mio passato in maniera indelebile. Ricordo che mia mamma di mattina preparava tre fagottini con le nostre merende per la ricreazione a scuola. Il tuo lo riconoscevi dalla dimensione, e chiaramente mio fratello maggiore, che è sempre stato un gigante, aveva una merenda che faceva fatica a trovare posto nello zaino! Il pane era sempre affettato a mano e potevi trovare a volte del prosciutto, della mortadella e quando andava bene, della nutella, appunto. Ma quel pane aveva sempre un sapore particolare... il leggerissimo retrogusto della crema della mani alla glicerina di mia mamma! Così, quando penso alle nostre merende, mi viene sempre in mente mia mamma che prima di fare qualunque cosa si spalmava sulle mani la sua crema alla glicerina, come fa ancora adesso.  Tra le cose ho letto da poco la tabella che Altroconsumo ha realizzato sulle creme splamabili testando le migliori marche sul mercato... se penso a cosa ho mangiato finora (unito a piccole quantità di glicerina involontaria...) meglio farla in casa!

CREMA DI NOCCIOLE (NUTELLA) CLASSICA
• 60 gr. di nocciole spellate e tostate
• 100 gr. di cioccolato fondente 
• 70 gr. di burro
• 100 gr. di zucchero
• 100 gr. di latte


Mettere lo zucchero e le nocciole nel frullatore e riducete tutto in polvere. Aggiungete il cioccolato e frullate pochissimi secondi fino a ridurre tutto in crema. Versate in un pentolino aggiungendo il burro e il latte e mescolate bene su fuoco bassissimo. Girate per 5 minuti [non deve bollire!]. La NUTELLA è pronta! Versate in un vasetto di vetro e lasciarla raffreddare. Conservate in frigorifero.
[1. VARIANTE] NUTELLA BIANCA
300 gr di buon cioccolato bianco
150 gr di nocciole
60 gr di zucchero
70 gr di olio di semi di girasole (o olio di cereali)
100 gr di latte intero


[2. VARIANTE] NUTELLA senza nocciole, senza latte e senza burro
150 gr di zucchero
100 gr di kellogg's o riso soffiato
70 gr di olio di semi (o di riso o di cereali)
50 gr di cioccolato fondente
150 gr di acqua


[3. VARIANTE] NUTELLA  senza latte e senza burro
50 gr. di nocciole spellate e tostate
100 gr. di buon cioccolato fondente 
70 gr. olio di cereali (o di semi o di riso)
100 gr. di zucchero
100 gr. di acqua

Il principio è sempre lo stesso: frullate gli ingredienti secchi (zucchero più nocciole o riso soffiato), unite il cioccolato e frullate ancora. Mettete il composto in un pentolino sul fuoco a fiamma bassa con il resto degli ingredienti liquidi (a seconda della variante scelta: latte, burro, olio, acqua) e fate amalgamare cinque dieci minuti senza mai arrivare a bollore e girando sempre. Anche se appena fatta vi sembrerà molto liquida, mettetela nei barattoli e lasciateli in frigo per mezza giornata e la ritroverete con la consistenza giusta per accompagnare le vostre...merende!
Un grazie di cuore a Luisa per il suo aiuto.

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16 ottobre 2010

PANE ALLA ZUCCA E CIOCCOLATO

















In linea con quanto vi ho raccontato pochi giorni fa sull'autoproduzione, ecco il mio pane speciale che partecipa in contemporanea con tanti altri blogger in tutto il mondo a questa deliziosa raccolta ideata da ZORRA e giunta alla 5 edizione. Ho cercato di rendere alla fine tutto quello che l'autunno mi evoca: un forte colore giallo arancio e il marrone, che mi ricorda la terra bruna sulle quale trovo sempre più foglie ogni giorno. E' decisamente un esperimento, non ne avevo trovato traccia da nessuna parte, solo un'idea... per fortuna ben riuscita, il suo sapore mi ha stregata! L'ho abbinato ad una deliziosa gelatina di uva nera e cioccolato che avevo confezionato la scorsa settimana... con quel rosso ho decisamente dedicato questa giornata ai colori autunnali e con questo pane ho condiviso un'idea ed un progetto con molte altre persone!

Al 5° WORLD BREAD DAY!

PANE ALLA ZUCCA E CIOCCOLATO

500 gr di farina integrale
100 gr di zucca cotta in forno e schiacciata
20 gr di olio d'oliva
100 gr di farina di grano saraceno (da tenere a portata di mano se risulta un impasto appiccicoso)
1 cucchiaino di sale
2 cucchiaini di lievito secco naturale attivo
2 cucchiai di cacao amaro

Dividi la farina integrale in due ciotole. Ad una aggiungi la zucca, il sale e un cucchiaino di lievito secco. Comincia ad impastare, unisci 10 gr di olio d'oliva e acqua a sufficienza per creare una pagnottina soda e non appiccicosa (eventualmente aggiungi della farina di grano saraceno). Metti da parte a lievitare in un posto tiepido per due ore.

Alla farina integrale restante unisci il cacao, 10 gr di olio e il lievito, inizia ad impastare mettendo poca acqua quanto serve, metti qualche pizzico di sale e forma un impasto sodo. Lascia lievitare 2 ore.

Trascorse le due ore reimpasta i pani e stendili in una forma rettangolare, sovrapponili e forma un rotolo sigillandolo sotto. Poni in una forma a cassetta  e fai lievitare nuovamente per una mezz'ora.
Cuoci in forno caldo 30 minuti a 200° aggiungendo in forno una teglia con acqua, sforna e fai raffreddare su una teglia.

Nell'altra farina

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14 ottobre 2010

CRACKERS DI OKARA E CAPRINO FATTO IN CASA


E' da un po' che penso che l'autoproduzione alimentare faccia ormai parte della mia vita ogni giorno. Sono sempre alla ricerca di ingredienti per realizzare le ricette che voglio, tanto che ormai acquisto poche cose. Mi piacerebbe avere un orto, ma questo vorrebbe dire lasciare definitivamente il lavoro oppure cercare un metodo per allungare le giornate da 24 a 36 ore, e dubito di riuscire a fare entrambe. Ad ogni modo mi diverto sempre a sperimentare, questo vuol dire che anche se non tutto "riesce col buco", chiaramente, in compenso ho realizzato uno splendido quaderno pieno di appunti e considerazioni sulle cose che faccio, con la data, le foto dei passaggi (che non vi mostro mai) e le modifiche da apportare. Per quanto la mia cucina derivi sempre da un'emozione, alla base di tutto c'è una grande ricerca. Così come scavo a fondo nei sentimenti allo stesso modo cerco gli ingredienti quanto più adatti a trasformare quelle emozioni in cibo, e, spesso, quegli ingredienti di base, nascono direttamente nella mia cucina. Il burro, lo yogurt, il pane, il formaggio, le marmellate e le gelatine, il gelato e molto altro mi danno sempre da fare e alla fine mi regalano grandissime soddisfazioni, soprattutto se penso che so cosa stiamo mangiando.
In quest'ottica qualsiasi cosa rimanga e non serva all'istante viene sempre riutilizzata, come questi crackers che nascono dalla polpa (okara) dei fagioli di soia gialla usati per il latte di soia e, come questo caprino fresco spalmabile (che in Libano si chiamrebbe ANBARIZ) nato da uno yogurt che ho molto gradito, ma che avevo prodotto in troppa quantità.

Alla mia continua ricerca, perchè ogni volta che leggo nasce una nuova possibilità

CRACKERS DI OKARA
100 gr di okara (ottenuti facendo 1 litro di latte di soia)
100 gr di semola rimacinata di grano duro
100 gr di farina 00
50 gr di semi di sesamo
100 gr di acqua
2 cucchiai di olio di oliva
1 cucchiaio di gomasio oppure 1 cucchiaino di sale fino

Amalgamate lentamente tutti gli ingredienti facendo attenzione a non incorporare tutta l'acqua, ma gradatamente (dipende da quanto è umido il vostro okara, da quanto lo avrete "strizzato" nel fare il latte di soia). Io ho impiegato 100 gr di acqua, a voi potrebbe occorrerne di meno o il contrario. Stendete l'impasto molto sottile che è molto elastico e non si attacca al matterello, su una teglia ricoperta di carta forno e tagliate con una rotella dando la forma che preferite. Bucate con i rebbi di una forchetta e infornate a infornate a 180° 10 minuti forno ventilato. Tirateli fuori dal forno e fateli raffreddare. (Ho notato che cuocerli di più li rende durissimi).

CAPRINO FRESCO
Fate mezzo kg di yogurt di capra così come siete abituati a farlo normalmente con la yogurtiera o come me senza yogurtiera, usando 500 ml di latte di capra UHT e 1 vasetto di yogurt di capra.  Se non avete tempo acquistate dello yogurt di capra già pronto.
Versate lo yogurt in un telo di lino a scolare per 12 ore (mettetelo sospeso sopra un contenitore e raccogliete il liquido che viene fuori). Raccogliete il formaggio che si sarà addensato nel telo e mettetelo in una terrina chiusa in frigorifero per 3 giorni al massimo. Potete consumarlo fin da subito. Il siero che è fuoriuscito non buttatelo via, potete utilizzarlo per fare tutte le preparazioni che richiedono latte o acqua, chiaramente vi consiglio in questo caso dato il sapore accentuato di utilizzarlo per preparazioni salate!

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09 ottobre 2010

POLPETTE DI PANE ABRUZZESI


















 Di questa ricetta conoscevo da tempo l'esistenza, grazie ad una mia collega etnografa che me ne aveva parlato durante una pausa caffè. I suoi racconti riguardo le modalità di ricerca di antiche ricette sul territorio abruzzese e sugli incontri con gli ultimi testimoni di un passato popolare tramandato a voce mi hanno sempre affascinata, tanto da sognare a volte di farmi piccola piccola e seguirla in ogni dove. Volevo provarla da tempo, ma dovevo avere una vera occasione... il compleanno di Polpetta! Sì, domani qualcuno festeggerà due anni, il piccolo di Manifattive! Le belle occasioni del web... ancora nuove amicizie dalla rete alla realtà arricchiscono i miei giorni e mi regalano nuova energia per trasformare i pensieri ed i ricordi in cibo. Ho conosciuto Stefania di Manifattive grazie alla mitica Matilda e posso dirlo? per entrambe amore a prima vista... o si tratta di aver riconosciuto delle anime già note? Un mistero, ma che importa? Le adoro, sono donne piene di grinta, che sanno trasformare la quotidianità in creatività, quando guardo le loro creazioni è un po' come se entrassi in un favoloso negozio di balocchi dove perdersi e sognare. Mi ha fatto piacere trascorrere con loro, anche se per poche ore, un pomeriggio della scorsa settimana perchè queste fate incredibilmente abitano a pochi km da me! Mi auguro che presto riusciremo a vederci, intanto Polpetta ti mando i nostri più cari auguri e te li mando a modo mio, dedicandoti queste belle polpettine di pane... ma non lo dire a Viola, è un segreto tra noi!

ai nostri piccoli

POLPETTE DI PANE ABRUZZESI

pane raffermo
latte di pecora (io ho usato dello yogurt di pecora diluito con acqua)
sale
poche noci tritate
due alici sott'olio [facoltative]

Bagnate il pane nel latte (se siete fortunati nel reperirlo) controllando sempre che la consistenza vi permetta di fare delle polpette sode. Unite le noci, il sale e, se volete, le alici. Cuocete in poco olio d'oliva bollente girandole spesso. fate raffreddare e servite, magari su uno spiedino come ho fatto io.

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19 settembre 2010

HUMMUS DI BARBABIETOLE



Mi piace vivere in cucina, quando sono in casa. C'è tutto quello di cui ho bisogno: un angolo cottura, il frigo, il forno, una miriade di utensili (più o meno utili, ma comunque tutti lavorano per me),  l'isola con gli sgabelli per sfogliare qualche rivista, un divanetto (ormai occupato dai giochi di Viola) una biblioteca molto fornita di libri di cucina che leggo volentieri seduta al tavolo, mentre Viola disegna e canta. Quest'estate per rinnovare un po' l'ambiente ho sfruttato l'immenso balcone collegato proprio alla cucina. Ho allestito un angolo con un piccolo tavolo, un grande tappeto verde a fare da prato, le sedie, tante candele, e tante, tantissime piante di tutti i tipi quasi a creare un giardino pensile sul palazzo. Passavamo moltissimo tempo al rientro dal mare su quel tappeto. Oggi è giunto il giorno di metterlo in soffitta e di disallestire il piccolo paradiso. Ho avuto occasione di pensare, mentre mettevo via le cose, al momento che preferivo di più durante quelle giornate: guardare il tramonto con Viola. Non mi è mai piaciuto il tramonto, associavo quel momento ad un pensiero malinconico, quasi triste, al fatto di dover tonare a casa perchè era scaduto il tempo di giocare per strada... eppure rivivere con lei il saluto al sole facendo yoga sul tappeto e ammirando quelle lingue di fuoco che incendiavano il cielo, prima di dare posto alle stelle e alla luce delle nostre candele... è stato terapeutico!
Ho voluto rivivere quell'intenso colore rosa che tanto ci ha affascinate con uno sfizioso hummus di barbabietole che ha stupito anche il mio palato. Provatelo!


HUMMUS DI BARBABIETOLE

4 barbabietole precotte
5 cucchiai di succo di limone
1 spicchio di aglio
mezzo cucchiaino di sale
2 cucchiai di tahin (crema di sesamo che potete anche fare in casa come me)*

Sbucciate le barbabietole e tagliatele a cubetti, irroratele con il succo di limone e frullate tutto aggiungendo il sale e l'aglio con un frullatore. Unite la crema di sesamo e amalgamate per bene. Servite in ciotoline o a forma di quenelle (come ho fatto io in foto) decorando, se li avete, con semi di sesamo e riduzione di aceto balsamico.

* Per fare la tahin in casa: Tosta 150 gr di semi di sesamo e falli raffreddare (se li compri già tostati salta questo passaggio), mettili in un frullatore e inizia a triturare, pian piano aggiungi 100 gr di olio di semi (io uso quello di mais) ed ecco una deliziosa salsa tahin pronta che potrai utilizzare in mille modi, e che si conserva in frigo per almeno un mese.

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15 settembre 2010

MARMELLATA DI CIPOLLE ROSSE


















E se un giorno mi spogliassi di tutto? Non sono legata alle cose. Sì le cose sono belle, le cose fanno parte della nostra vita e ci permettono di fare tante cose. Ma io, io ho una specie di repulsione per l'affezione alle cose che non cambiano mai. D'altronde amo il cibo che è sempre mutevole e amo le stagioni, amo la natura, amo le giornate con il tempo instabile, amo il disordine, amo gli imprevisti, amo cambiare idea, amo il cambiamento. L'immutabilità mi annoia o peggio ancora mi crea ansia ed inquietudine. Agli oggetti, le cose, quelle sulle quali puoi scrivere "per sempre così" non do alcuna importanza se non quella legata all'uso che ne faccio. Anche i regali che mi piacciono tanto hanno lo stesso effetto. Ciò che li tiene di più in vita nella mia memoria è il ricordo della persona che me li ha donati, l'attimo indimenticabile in cui li ho ricevuti, ma poi... tutti in riga, tutti al loro posto per essere usati. Così devo dire l'unica cosa che conservo sono le marmellate, ma attenzione, non tanto a lungo. Ho come l'impressione che tutto sfugga e tenere da parte qualcosa... non serve, almeno per me. Così i libri ed i cd sono logori da quanto li ho usati, i piatti del primo servizio li uso ad ogni festa, le posate in argento le metto quotidianamente in lavastoviglie, il mio corredo va e viene dalla lavatrice allo stendipanni e così via. Io uso tutto e quando una cosa si rompe o mi stanca la riuso in altro modo, la trasformo e non mi dispiace separarmene se proprio è irrecuperabile. Quello che è certo è che non tengo nulla da parte perchè, se volessi spogliarmi di tutto, non avrei mai il rimpianto di aver aspettato il domani per fare una nuova esperienza.

Spogliarsi come cipolle e sentirsi leggeri.

MARMELLATA DI CIPOLLE ROSSE

1 kg di cipolle rosse sbucciate e affettate
200 gr di zucchero
200 gr di miele di acacia
100 gr di aceto balsamico
2 mele grattuggiate (con la buccia)

Ho messo le cipolle affettate in un contenitore con lo zucchero e il miele per tutta la notte a macerare. Il giorno dopo ho aggiunto le mele grattuggiate e l'aceto balsamico e ho cucinato circa 1 ora e trenta a fuoco basso finchè tutto il liquido si è assorbito e la marmellata aveva un aspetto cremoso. Ho invasato nei barattoli sterilizzati.

La userò per accompagnare il formaggio pecorino o il bollito, ma mio padre dice che sul pane è strepitosa!

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10 settembre 2010

SCIROPPO DI BACCHE DI SAMBUCO



















Sto chiamando con tutte le mie forze l'arrivo dell'autunno. E' la mia stagione, senza alcuna ombra di dubbio. A chi pensa ancora che il motivo stia nella malinconia, sbaglia.
E' per i suoi colori così caldi, suadenti, per le giornate più corte, profumate di mosto. Per cercarne qualche traccia negli ultimi brandelli d'estate, vado nei boschi, dove mi perdo a respirarne l'attesa, tra le foglie e l'imbrunire, il fruscio degli alberi e il nostro pic nic improvvisato.
Non vedo l'ora che il rosso invada le strade alberate della mia città, che le colline si tingano di oro e di verde e che il profumo di una pioggia fresca penetri in casa mentre mi godo l'ultima spremuta d'estate, un succo di sambuco selvatico.
Il rosso accompagnerà per tutto il mese la mia cucina per accogliere Mabon, il magico equinozio d'autunno, e voi, siete pronti a tingervi le mani con me?





















SCIROPPO DI BACCHE DI SAMBUCO

200 gr di bacche di sambuco già sgranate dai rami
400 gr di acqua
100 gr di zucchero
il succo di mezzo limone filtrato

Raccogliete il sambuco (attenti a non raccogliere le bacche sbagliate, il sambuco è un vero e proprio albero alto fino a 5 metri, mentre il suo similare velenoso si chiama sambuchella ed è un arbusto basso) scegliendo preferibilmente un posto internato, non sul ciglio delle strade.
Lavate le bacche e pestatele in una ciotola. Aggiungete metà dell'acqua e il succo di limone e lasciatele macerare in un contenitore di vetro per 24 ore coperto da un piatto. Aggiungete il resto dell'acqua e portate a bollore. Filtrate il tutto e aggiungete lo zucchero. Portate nuovamente a bollore. Imbottigliate ancora caldo, chiudete per bene e lasciate raffreddare. Conservate in frigo.
Per utilizzarlo: diluite una parte di sciroppo in quattro parti d'acqua e servite con ghiaccio e fettine di limone.

04 settembre 2010

Crackers mandorle e rosmarino



























Provate a farvi spaccare il cuore da una notizia. Così, in un giorno qualunque, quando pensate che la vostra vita vada avanti serena, provate, quando siete certi che in fin dei conti state facendo tutto regolarmente, che non state perdendo tempo, anzi, lo state usando nel migliore dei modi, state costruendo qualcosa per l'indomani o chissà, provate. Distoglierete per un attimo il pensiero dal vostro presente e sentirete il vostro cuore spaccarsi e frantumarsi, come un cracker, gettare lontano i suoi pezzi, fin sotto i vostri piedi. Provate per un attimo a proiettarvi nella vita di chi una vita, da un giorno all'altro, quasi non sa più cosa sia. Sentireste solo quel sordo rumore "crack" e poi... vi attacchereste con tutta la forza e la disperazione a quello che avete, ai vostri cari, alla vostra banale quotidianità pensando che in fondo è speciale, ma una cosa soltanto permettetemi di dirvela: non domandatevi il perchè, nessuno vi risponderebbe, perchè è questo il grande mistero che lega la vita e la morte.

Alle attese.

CRACKERS MANDORLE E ROSMARINO

270 gr di mandorle
1 cucchiaio di olio d'oliva
1 uovo
mezzo cucchiaino di sale fino
due cucchiai di aghi di rosmarino freschi

Tritate nel mixer le mandorle con il sale e il rosmarino senza farle diventare polvere, ma lasciando loro una leggera consistenza granulosa. Aggiungete l'olio e l'uovo e amalgamate formando un panetto. Stendetelo con il mattarello tra due fogli di carta forno, cercando di dare una forma rettangolare e sottile all'impasto. Potete tagliare già da ora le forme dei crackers. Bucherellate con i rebbi di una forchetta.  Infornate per 10-15 minuti a 175° finchè non le vedrete dorare. Togliete dal forno e giratele, infornatele per altri 5 minuti. Spegnete il forno e fatele asciugare al suo interno finchè non sarà freddo.

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28 agosto 2010

CAPPERI SOTT'OLIO


Ogni estate, da quando sono nata, trascorro un po' di tempo in paradiso. Durante il resto dell'anno, il lungo inverno, il caos, il lavoro, la routine quotidiana, non so come faccia ma quasi me ne dimentico, forse per non disperdere i ricordi.  E' solo quando ne scorgo i colori lontani dall'oblò della nave che sono certa che sia ancora là, la mia isola di silenzio, la mia terra benedetta, San Nicola delle Isole Tremiti, in Puglia. E' il luogo dove è nata mia madre e dove è rimasta fino a 27 anni. Il suo colore abbagliante, la sua fortezza fatta di pietre levigate e messe una sull'altra dalla maestria di monaci in secoli lontanissimi, così bella, arsa dal sole e baciata dal vento, eppure corrotta dalle mani dell'uomo moderno. Non mi stanco mai di osservarne i più piccoli particolari. I portali scolpiti, il mosaico della chiesa, la Madonna dalla pelle scura, le strade sconnesse, la lunga salita che impone la riflessione per arrivare al paese, le prigioni, le grotte celate, le piante grasse, pochi e desolati alberi prima del deserto. Se fosse la sola in mezzo al mare non riusciresti a vedere davvero il suo deserto di pietre e sole, sulle piazze, sulle terrazze e poi sul pianoro dopo la torre che chiude la fortezza, semplicemente lo accetteresti. Se fosse la sola non la paragoneresti a nulla. Al contrario vive da sempre accanto all'isola di San Domino che è completamente invasa dai pini e dalla macchia mediterranea, un verde polmone rinfrescante al solo sguardo. In quel giallo accecante se cerchi altri punti di colore li puoi trovare solo guardando abbarbicate sui muri secolari le piante di capperi selvatici. Sembrano stelle cadenti. Anzi meglio, sembrano fuochi d'artificio di quelli che ricadendo lasciano scie di luce nel cielo scuro. Lunghi rami morbidi imperlati di fiori bianchi, i capperi sbocciati per l'appunto. Se raccogli questi piccoli deliziosi e saporiti frutti sai che molti fiori non nasceranno. Ne ho raccolti pochi perchè il mio desiderio era solo quello di portare oltre il mare un concentrato di verde dalla terra del sole. Una scommessa. L'ho vinta, eppure se chiudo gli occhi vedo solo il suo bagliore bruciare persino quelle macchie di verde.

Riscoprire che vivere con poco è sufficiente e quando ti abitui scopri che quel poco è ancora tantissimo.

Capperi
Sale
Aceto
Olio d'oliva

Raccogliete i boccioli di fiori del cappero (senza strappare i rami) staccandoli dolcemente (non quelli troppo grandi). Prendete la stessa quantità di sale fino e mischiateli lasciandoli in una ciotola all'aria aperta coperti con un panno per evitare che ci vadano gli insetti. Dopo pochi giorni noterete che si è formata dell'acqua in fondo alla ciotola. Attendete altri giorni finchè non vedrete scomparire quel liquido che sarà evaporato. Sciacquate ora i capperi con dell'aceto di vino bianco. Fateli asciugare in una ciotola sempre all'aria aperta per un paio di giorni. Ora sono pronti per essere intrappolati in un barattolino di vetro e coperti di olio d'oliva.

15 luglio 2010

DOLCI PESCHE ALL'ALCHERMES E CIOCCOLATO



















E' svanito il mio periodo giallo! Nel frattempo la festa di compleanno di mio marito Andrea mi ha tenuta indaffarata nel cercare idee veloci e golose per poter offrire un piccolo buffet di dolci serale. Al rientro dal lavoro in poche ore l'esercito di cupcakes al cioccolato, ai lamponi, la schiera di pesche all'alchermes, la torta al gelato, gli aperitivi all'ananas e all' arancia/amaretto erano pronti. Mancavano solo gli invitati. Un tuffo sotto la doccia, un bel vestito, la musica e la serata è volata letteralmente, così piacevole e fresca tra le note del nostro balcone e della sala aperta a far sentire fuori le risate scoppiettanti e le grida divertite di Viola. Ricevere e creare per gli altri qualcosa di unico sembra ormai essere uno dei miei desideri più forti. Farlo per la festa di Andrea, ogni anno, mi fa stare davvero bene, perchè ogni cosa è fatta con un grande e vero trasporto. Mentre preparo penso a lui, alla grinta che mi trasmette e alla calma quando serve; penso al fatto che è un babbo meraviglioso per la Viola, che è sempre presente per noi e che possiamo contare su di lui perchè è il nostro uomo di casa! A volte mentre preparo mi commuovo, se penso che devo essergli grata per tante cose... ma si può dire così? Da moglie mi sento grata verso mio marito... o è solo unicamente puro e vero amore ritrovato?

In ogni caso Grazie, Andrea, grazie di cuore, grazie per i tuoi abbracci alla sera e le tue parole sempre opportune e misurate.

Pesche rosa, dolci, profumate come il nostro amore.

PESCHE ALL'ALCHERMES E CIOCCOLATO
(circa 20 pezzi)

250 gr di farina
70 gr di burro
70 gr di zucchero
2 uova
1 bustina di lievito in polvere

Per la colorazione
300 gr di zucchero semolato
200 gr di alchermes
100 gr di acqua

Per la farcitura
100 gr di buon cioccolato fondente al 70% di cacao
2 cucchiai di panna

Accendete il forno a 175°. Mettete in una ciotola gli ingredienti per la pasta (farina, uova, zucchero, burro e lievito) e con le dita amalgamate per bene ma delicatamente il composto. Ne verrà fuori una pasta un po' appiccicosa e morbida. Bagnate leggermente le mani e fate delle palline grandi come una noce che disporrete sulla placca rivestita di carta forno ben distanziate tra loro. Infornate per circa 20 minuti.

Nel frattempo diluite l'alchermes con l'acqua e  a parte mettete in una terrina lo zucchero. Anche se le palline sono ancora calde potete già versarle nel composto di alchermes e acqua (potete anche conservarle e farlo giorni dopo...) il tempo di colorirle. Poi tuffatele nello zucchero semolato (solo la parte esterna).

Sciogliete a bagnomaria o al microonde il cioccolato e aggiungete la panna. Fate raffreddare un po', poi prendete una metà pesca e spalmate un cucchiaino di cioccolato+panna, unite con l'altra metà. Decorate con una foglia di menta o di zucchero. Disponete nei pirottini. (conservatele in frigo, fredde sono ancora più invitanti)

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10 luglio 2010

SCONES AI MIRTILLI E LIMONE

















Nonostante i favolosi limoni di Roberta siano ormai terminati, non riesco ad abbandonare questo ingrediente... complice l'estate, il colore giallo invitante, il suo profumo e la resa nelle ricette così unica!
Magari creerò una raccolta tutta dedicata al limone chissà, intanto vado avanti con le mie piccole creazioni-tentazioni! Sono a dieta ormai da 50 giorni e 6 kg mi hanno già abbandonata spero almeno fino alla prossima gravidanza (la cui voglia incombe, inutile negarlo). Non riesco a stare lontana dalla cucina. E' assolutamente necessario per me sentire il profumo degli ingredienti, toccare la loro consistenza così diversa, leggere di ricette e storie fino a percepirne l'aroma tra le pagine... è assolutamente necessario per me, adesso, rimanere con le mani in pasta. Ho messo da parte l'impastatrice nonostante i dolori ai polsi non mi abbiano mai del tutto abbandonata dopo la nascita di Viola, è tempo adesso di tornare a parlare con le mani direttamente accarezzando le preparazioni, lasciandole crescere e amalgamare tra le dita, correggendole e seguendole in tutto il loro percorso. Mi sto riprendendo del tempo. Eppure questa ricetta deliziosa di LEILA LINDHOLM che ho tratto dall'ultimo libro "Pane, dolci e biscotti" l'ho trasformata in una ricetta per chi non ha tempo. Gli scones solitamente sono grandi biscotti (si possono chiamare così delle delizie simili?) rotondi e alti con una base comune che può essere "variata con i sapori all'infinito" come dice proprio l'autrice. Per ora ho provato il gusto limone mirtilli perchè questi ultimi li avevo acquistati per una delle mie insalate ma poi decisamente hanno preferito tuffarsi in questo burroso impasto! Dicevo che ho variato la ricetta per chi non ha tempo perchè ho livellato l'impasto direttamente in una teglia e quando si è raffreddato il tutto, l'ho tagliato a fette, invece di stenderlo su un piano infarinato e fare dei cerchi con il tagliapasta, decisamente la loro vera storia, ma in quel pomeriggio sarebbe stato impossibile. Proverò con altre varianti anche se credo questa sarà sempre la mia preferita perchè... la carta forno si è tinta tutta di VIOLA!

Per una teglia 30x20 cm : circa 14 fette
(nel libro è scritto per 6 pezzi: sono davvero grandi!)

500 gr di farina 00
mezzo cucchiaino di sale
1 cucchiaino e mezzo di lievito in polvere
50 gr di zucchero di canna (io ne avrei messi un po' di più)
120 gr di burro freddo
1 uovo
200 ml di latte
100 gr di mirtilli freschi
la scorza grattata di due limoni
3 cucchiai di zucchero di canna per copertura

Preriscaldate il forno a 230°. Mescolate la farina, il sale, il lievito, lo zucchero e la buccia grattata dei due limoni. Amalgamate ora il burro tagliato a dadini con le dita e otterrete così un composto sbriciolato. Unite delicatamente i mirtilli lavati e asciugati. A parte sbattete l'uovo nel latte e amalgamate al resto degli ingredienti. Versate il tutto in una teglia rivestita di carta da forno bagnata e strizzata, siccome l'impasto avrà la consistenza di una frolla molto appiccicosa, bagnate leggermente le mani e premete senza schiacciare (attenti ai mirtilli) fino a livellare bene nella teglia. Spolverizzate con zucchero di canna. Infornate per 10 minuti o fino a quando è dorato. Lasciate raffreddare e tagliate a fette o cubetti.

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06 luglio 2010

CUPCAKES MIELE LIMONE CAMOMILLA

Ultimi limoni di Roberta conservati gelosamente in frigo ormai sacrificati per gli ultimi esperimenti! Devo dire che in quest'ultimo atto anche se non hanno la parte principale, non sono i soli protagonisti, ben si sposano con i loro compagni in un dolcetto perfetto per un momento di relax! L'ultima mia passione da quando seguo molti blog made in USA sono i Cupcakes! Di recente ho acquistato un libro meraviglioso della Luxury Books "Cupcakes: piccoli lussi per il palato"dal quale ho tratto spunto per questa idea.   
                                          
Nel libro c'è una ricetta deliziosa, Cupcakes al mandarino e camomilla... amore a prima lettura, ma come fare se non è tempo di mandarini?  Semplicemente sostituendoli con i profumatissimi limoni di Roberta e aggiungendo del miele... il risultato è una vera delizia! A mio avviso avrei potuto anche lasciarli semplici semplici, senza alcuna glassa, ma la curiosità di provare questo FROSTING di Pandispagna (date un'occchiata è davvero bravissimo, mi ha stregata subito con le sue dolcezze!) era davvero irrefrenabile, ed ho fatto bene! Sto imparando nuove cose, sono sempre alla ricerca di nuove idee per mettermi alla prova, per tentare di creare quell'alchimia di profumi e di sapori che mi riportano al passato, che mi fanno rivivere attimi di vita già lontana o semplicemnte che mi permettono di condividere un attimo di dolcezza con le persone che amo di più. 

Ogni giorno una scoperta, ogni giorno nuovi sapori si fondono insieme per festeggiare quella scoperta.

CUPCAKES MIELE LIMONE CAMOMILLA

per 30 tortine con pirottini n. 5

180 gr di latte
120 gr di burro
2 bustine di camomilla Bio
180 gr di zucchero
2 cucchiai di miele di acacia
3 uova
60 gr di semolino
150 gr di farina autolievitante
1 limone Bio

Io ho usato il Frosting al mascarpone di Pandispagna, ma se volete fare come da libro... 

Per la glassa decorativa:
150 gr di zucchero a velo
1 cucchiaino di scorza di limone grattuggiata
3 cucchiai di succo di limone

Scaldate il latte in un pentolino e non fatelo arrivare a bollore, ma spegnete il fuoco e lasciatevi in infusione le due bustine di camomilla per circa 5 minuti. Intanto tagliate la buccia di mezzo limone e cercate di trarre qualche goccia di olio essenziale da far cadere nel miele. Raccogliete il succo del mezzo limone e grattuggiate la buccia restante amalgamando entrambe al miele.
Mettete insieme tutti gli ingredienti solidi [semolino, farina, burro] e aggiungete tutti i liquidi [latte ormai aromatizzato alla camomilla, miele al limone, uova], amalgamate ma non lavorate troppo (questo determina l'insuccesso nella cottura). Versate il composto nei pirottini di carta (io ho usato la misura n. 5) e cuocete in forno ventilato per 10 minuti, ma fate sempre la prova del bastoncino per vedere se sono davvero cotti. Sfornate e lasciate raffreddare su una griglia.


Se decidete di decorarli come nel libro preparate così la glassa: 


sciogliete nel succo di limone lo zucchero a velo, unite la buccia grattata e amalgamate (diventa una pasta); mettete in un pentolino a bagnomaria e lasciate che si sciolga questa pasta. Con una spatolina ricoprite i cupcakes e se volete decorate con qualche fiore di camomilla.




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26 giugno 2010

Soufflè alla marmellata di limoni

















Terzo post con i limoni di Roberta! Questa volta non ho resistito alla sua deliziosa marmellata di limoni dato che mi ha omaggiata di ben tre barattoli con le tre prove effettuate! Sicuramente avrete avuto modo e tempo di poterla fare anche voi, è talmente semplice e il suo sapore è così autentico. E' importantissimo infatti, usare sempre nelle ricette, materie prime davvero speciali e i limoni bio sono proprio un ingrediente irrinunciabile in cucina dato che l'aroma di questi agrumi è difficilissimo da riprodurre ed è per questo che a volte ci sembra che nei dolci ci sia un sapore "finto" di limone. Provate a fare questi soufflè con la marmellata... uno spettacolo per gli occhi e per il palato! Il bello è che potete farli con i gusti che più vi piacciono, io ad esempio proverò in un'altra occasione a farli con la marmellata di arance che è la mia preferita! Non so ancora se mi fermerò qui con i limoni, sto preparando una rassegna tutta bianca, provate ad indovinare quale sarà l'ingrediente per le prossime oltre 10 ricette a catena?

Per 2 mini soufflè:

150 gr di ricotta di mucca
50 gr di marmellata di limoni
1 uovo leggermente sbattuto
1 cucchiaio di brandy
1 cucchiaio di farina 00

Preriscaldate il forno a 175° ventilato. Mescolate la ricotta con la marmellata, l'uovo sbattuto, il brandy e la farina e distribuite il composto in due ciotoline o in scodelline usa e getta.
Fate cuocere per circa 30 minuti in forno. Sfornate e servite appena tiepidi.

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18 giugno 2010

SAPONE PER STOVIGLIE AL LIMONE






















Nelle ultime parole del mio post precedente vi parlavo di esperimenti con il limone.  Questa ricetta infatti non tratta assolutamente di cibo commestibile, ma di un sapone per stoviglie fatto in casa con soli ingredienti naturali e dunque completamente Biodegradabile, oltre che assolutamente utile ed efficace. E' andata così. Come ogni giorno una mattina di queste ho preso il bus per recarmi al lavoro. Solitamente non ho un posto preciso, mi siedo scegliendo a caso, a meno che non ci sia qualche amico di viaggio col quale dialogare. Quella mattina dopo aver preso posto realizzai che ero seduta subito dietro una signora di mezza età che non conosco. Cominciai ad osservare la sua schiena scoperta perchè indossava un vestito succinto da mare. La sua pelle così burrosa, dall'aspetto setoso e morbido, era piena delle lentiggini dovute al sole, i suoi capelli corti, le spalle forti, le mani non troppo curate che a volte apparivano mentre si sistemava le bretelline. Fu immediato. Mi sembrò di avere di fronte mia madre. Me ne stavo quasi convincendo tanto che avrei avuto voglia di chiamarla e di parlarle come non avevo mai fatto prima, per la nostra distanza e per altro.  In questa situazione surreale mentre immaginavo una conversazione impossibile, realizzai che la donna che avevo realmente di fronte stava piangendo. Vedevo le mani che andavano di scatto verso il finestrino per strappare le lacrime, come se volesse lanciarle fuori, per non farsi vedere, così in fretta, senza guardare nessuno per non farsi fare domande. Così, di schiena, mi sembrava realmente mia madre. Ricordo che quando ero piccola l'ho vista spesso piangere. Quando lei piangeva ci voltava le spalle. Noi seduti a tavola, lei a lavare i piatti per non farsi vedere e piangere. Piangeva sommessamente, ogni tanto un lieve singhiozzo confuso con la tv accesa, confesso che molte volte me ne accorgevo tardi quando le vedevo gli occhi rossi ormai asciutti e quando cercava di sorridere e di tornare al suo tono di voce normale, senza spezzare la voce per chiedere se poteva prendere le ultime cose dal tavolo. Mi ricordo la sua schiena, la luce della sera in cucina, il sapone dei piatti, la schiuma, il catino nel lavandino vecchio dove le lacrime andavano a finire prima di averle rigato quelle guance fresche e morbide, come la pelle di una murena. Per anni ho sempre pensato che mostrare le proprie lacrime fosse un segno di debolezza, adesso, che sono come lei, una mamma, che so che a volte la razionalità non pone fine a certe cose posso dire che piangere ci mostra per quello che realmente siamo, più umani e vulnerabili e ci permette di essere più vicini agli altri.

Un fresco profumo di limone sui piatti per ricordarsi che la natura ci ha dato tutto.

SAPONE PER STOVIGLIE FATTO IN CASA
per 750 ml di sapone

3 limoni
200 gr di sale fino
100 gr di aceto di vino bianco
400 ml di acqua

Taglia a pezzi i limoni gettando via solo i semi. Frullali con il sale e 100 ml di acqua finchè ottieni un composto fine e omogeneo. Metti tutto in una pentola aggiungendo il resto dell'acqua (300 ml) e l'aceto. Porta a bollore e lascia bollire 15 minuti rimestando ogni tanto. Alla fine prendi il frullatore ad immersione ed emulsiona il tutto ancora nella pentola. Fai raffreddare e versa in una bottiglia o in un barattolo di vetro.
Questo sapone chiaramente non produce schiuma, è ottimo per tutte le superfici lavabili, per i piatti e per la lavastoviglie (due cucchiai sparsi sulle stoviglie, non nel cassetto).

08 giugno 2010

CARAMELLE AL LIMONE (gelèe)

Del limone non si butta via nulla! L'ho scoperto con questa meravigliosa ricetta con la quale volevo dare il massimo risultato visti gli ingredienti di prima scelta: 3 kg di LIMONI BIO arrivati direttamente dalla Sicilia, un regalo di Roberta per me! La nostra amicizia cresce ogni giorno di più, adesso più che mai siamo in sintonia su tante cose, persino la cucina, dove lei non credeva di essere in grado... è bastato qualche messaggio e qualche consiglio e la sua creatività ha letterarmente fatto faville! A dire il vero prima di conoscerla anche io credevo che non avrei mai usato una macchina da cucire e non avevo la più pallida idea che con il feltro e gli oggetti più comuni potessero uscire dalle mani dei veri e autentici capolavori di creatività! A lei riconosco infatti questa grandiosa capacità: aiutare il mio lato creativo nascosto ad esprimersi liberamente, senza giudizio, solo con la voglia di migliorarsi e non ultimo, confrontarsi e condividere idee e progetti. Proprio così, è iniziato per gioco, dalla sua prima Marmellata di Limoni (lascio che vi descriva lei stessa quanto è stata brava e quanto sia squisita!) abbiamo dato il via ad un susseguirsi di idee e ricette dedicate a questo agrume così invitante ed estivo... La ricetta delle caramelle gelèe è dunque la prima di una lunga serie... anzi la seconda, perché è proprio la marmellata di limoni bio pubblicata sul suo blog ad essere stata l'idea apripista per questo progetto! Ho quasi terminato i limoni,  quasi mi dispiace, hanno un profumo autentico e il loro colore così acceso mi invita tutti i giorni a realizzare qualcosa di speciale... per ora gustate queste caramelle, fresche e digestive, vi aggiornerò sui miei esperimenti a breve...

Chi trova un amico trova un tesoro... un'amicizia trasforma in oro la vita.

Ingredienti 
(per 25 caramelle)

1 limone grande
120 ml. di succo di limone (circa 3 limoni)
150 gr. di zucchero semolato
fogli di gelatina (io ne ho usati 3)

Fate cuocere il limone in acqua fino a quando diventa morbido. Scolatelo, tagliatelo e togliete i semi.
Mettette tutto in un frullatore insieme al succo e lo zucchero. Frullate alla massima velocità finchè otterrete un composto omogeneo. Mettete in una pentola e fate bollire per 15 minuti mescolando continuamente.
A questo punto versate sul piatto della bilancia e pesate: io ho ottenuto 300 gr di prodotto.
Rimettete in pentola a fuoco spento.
Ammollate in acqua fredda 1 foglio di gelatina ogni 100 gr di prodotto ottenuto (300 gr di prodotto = io ho usato 3 fogli). Strizzateli per bene e versateli nel composto, accendete di nuovo il gas e fate sciogliere per bene la gelatina. Versate il composto in un recipiente quadrato foderato con carta da forno e lasciatelo raffreddare. Tagliatelo in quadrati o con le formine. Conservateli in frigo su fogli di carta di alluminio.
Al momento di servire mettete dello zucchero semolato in un barattolo e tuffateci le caramelle, chiudete il barattolo e agitate. Servite!
N.B: se le conservate in frigo già coperte di zucchero non sbagliate, ma non saranno proprio belle perchè lo zucchero inumidito si sarà un po' raggrumato.
 

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29 aprile 2010

Paneer


Quando ero bambina avevo l'abitudine di camminare guardando a terra; ero sempre a caccia di tesori: monetine, vetro colorato, sassi, conchiglie sulla spiaggia, animali, insetti, fiori... niente rimaneva sulla strada tanto da diventare puntualmente il lavoro di mia madre: vuotare le tasche delle felpe e lavare le mie mani con tre passate di sapone. Cosa ne facessi di quel tesoro non lo ricordo affatto, forse era proprio lei a farlo sparire perchè la nostra casa vissuta in 5 era già troppo piena. Ricordo benissimo che questo atteggiamento mi accompagnò fino all'adolescenza piena, ma avevo un altro motivo: guardavo a terra per non incrociare lo sguardo della gente e a ciò aggiunsi pure il parlare da sola (cosa che ancora mi contraddistingue!!!!). Mi è ancora chiaro, guardavo la strada mentre la macinavo sotto i piedi e la scambiavo per una lavagna, un libro, un film continuo dove vedevo scritti, incisi, rappresentati, orchestrati i ricordi, i pensieri e i sogni in un vortice spaventosamente rumoroso tanto da assorbirmi totalmente. In questo mondo mi astraevo. Era una specie di terapeutica meditazione in movimento. Cambiai totalmente dopo l'università e le prime esperienze lavorative. Il contatto con la gente mi permise di assumere una buona consapevolezza di me e delle mie capacità, cosa che mi regalò un po' più di sicurezza. In quella sicurezza cominciai ben presto a sentirmi radicata tanto da desiderare il cielo, un po' d'aria per liberarmi da certe oppressioni della vita da adulto. Cominciai così a guardare in alto, con il naso all'insù e scoprii il cielo, la notte, la luce delle stelle, una luna sempre in movimento. Non so se a voi è  mai capitato, a me guardare quell'immensità fa sentire talmente umana e vulnerabile da ridimensionare ogni cosa, è come se riuscisse a fagocitare ogni spossatezza, ogni energia negativa.
Anche Viola ha scoperto il cielo. Ha un bellissimo libro sulla luna che le hanno regalato dei nostri preziosissimi amici. Ieri, scendendo dalla macchina quando era ormai notte, mi ha detto entusiasta: "mamma, nuna!". Era così grande da stupire, e anche se è sempre la stessa, ogni volta la magia di sapere che tornerà così bella mi fa gioire.

Al ricordo della luna piena e del primo stupore dalla mia piccina che inizia a parlare, un formaggio indiano da fare al volo!



PANEER
Ingredienti (3 persone)
Questa ricetta rende circa 300 gr di formaggio

1 litro di latte intero
3 cucchiai di succo di limone filtrato

Scaldate il latte in una pentola e quando sta per bollire (iniziate a vedere il crepitio del latte) spegnete il gas. Togliete dal fuoco e unite il succo di limone.

Mescolate  e aspettate tre quattro minuti quando il siero (liquido chiaro e trasparente) si separa dalla cagliata (grumi bianchi che formeranno il vostro formaggio). Fate raffreddare.
Filtratelo con un colino a maglie fitte o con una garza. A questo punto avete prodotto il Paneer con consistenza simile ad una ricotta. (aggiungete sale o erbe aromatiche e servite in tavola)
Se volete un paneer solido mettetelo in una formina bucata (come quelli delle ricottine) e pressate con le mani pulite per far uscire altro siero. Mettete un peso sulla formina e fate scolare per un paio d'ore.
Ora è pronto per essere consumato e se vi avanza tagliatelo a cubetti e mettetelo sott'olio!

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20 aprile 2010

Torta di formaggio

Ho ritrovato un'amica! Come faccio a descrivervi la gioia che ho provato? Ho trovato tra le mail la sua richiesta di amicizia su facebook e da allora... ho trascorso tutti i momenti liberi di questa giornata tornando con la mente indietro nel tempo, fino a sfiorare quel piovoso novembre 1995 quando, passata la prima operazione al ginocchio destro, finalmente la mia famiglia mi accompagnò ad Urbino per prendere posto nella casa che avevo affittato per poter studiare fuori. La condividevo con altre 7 ragazze. Nella mia facoltà le lezioni erano già iniziate e, chiaramente, non conoscevo nessuno. Camminavo male, mi trascinavo a fatica per quelle salite e quelle stradine ripide e rese scivolose dalla pioggia e dalla nebbia. Mi portavo dietro ogni giorno che passavo lontano da casa e dal mare, un peso sempre più grande fatto di solitudine. Studiare mi è sempre piaciuto, seguivo tutte le lezioni perchè mi piaceva ascoltare, perchè sono curiosa di tante cose. Ero circondata da migliaia di studenti e avevo tutta la giornata a mia disposizione eppure mi comportavo come un perfetto soldatino di legno, proprio come mi avevano cresciuta in casa, decisamente un soldatino dedito solo al dovere. Alzarsi, fare colazione alla svelta, mettersi quello che capitava, andare a lezione, riabilitare il ginocchio, pranzare a casa, uscire per le lezioni pomeridiane, fare quattro chiacchiere con le coinquiline, rimettere a posto gli appunti, riflettere, leggere qualcosa, fare le pulizie che mi toccavano da calendario, dare la buonanotte e sperare di scoprire cose nuove l'indomani. Meno male tutto questo durò poco perchè conobbi a lezione due ragazze davvero solari e grintose: Francesca (di Vasto) e Francesca (di Pesaro)! (Da questo momento in poi comunque iniziò la mia vera vita da universitaria lontana da casa negli anni novanta, ma di questo vi parlerò magari man mano...). Proprio oggi ho ritrovato la France di Pesaro! Sapere che era della zona mi faceva stare tranquilla, conosceva tante cose, i posti, i musei, le biblioteche, la cultura e la cucina marchigiana e poi era così premurosa e calma! Era pendolare e per questo non ci vedevamo tutti i giorni, a me mancava quello strano senso di sicurezza che riusciva a regalarmi, era come se mi trasmettesse un po' della sua famiglia, un po' di presenza di mamma e papà messi insieme che a me mancavano molto. Solo ora ricordo che una sera io e l'altra Francesca andammo a dormire a casa sua perchè l'indomani saremmo partite per una delle visite alle biblioteche marchigiane che i nostri prof organizzavano. Passammo la sera a mangiare biscotti al cioccolato in pigiama nel letto finchè sua mamma non venne a spegnere la luce! Allora a questa amicizia ritrovata dovrei dedicare dei biscotti al cioccolato! Invece c'è un sapore, un ricordo tanto deciso che non riesco a cancellare e non è legato solo alla sua persona, ma alla vita da universitaria nelle Marche. La pizza di formaggio, che io oggi chiamo torta, che chiaramente nella mia versione non ha nulla di marchigiano, ma tanto è intensa che mi ricorda quel tempo passato.

Ai sapori che non si cancellano, a quei sapori che ti riportano indietro nel tempo.

PIZZA/TORTA di FORMAGGIO

250 GR DI FARINA 00
150 GR DI FARINA MANITOBA
4 UOVA
200 GR DI PECORINO GRATTUGIATO (FRESCO, NON STAGIONATO)
150 GR DI GRANA GRATTUGIATO
250 GR DI LATTE
125 GR DI OLIO DI OLIVA
150 GR DI VINO BIANCO
1 CUBETTO DA 25 GR DI LIEVITO DI BIRRA
SALE


Versa 100 gr del latte tiepido, il lievito e 50 gr della farina in una ciotola e amalgama. Lascia riposare al riparo da correnti per circa 30 minuti. Nella stessa ciotola, sopra l'impasto che nel frattempo avrà fermentato, versa il latte rimanente, il vino, l'olio d'oliva e le uova e amalgama. Unisci i formaggi grattugiati, la farina e un po' di sale. Verrà fuori un composto liquido come quello della ciambella dolce. versalo in una forma che preferisci, imburrata e infarinata e inforna a 180° (non ventilato) per un'ora. 

Sforna su un piatto e fai raffreddare. 
Servi con del salame o con fettine di uova sode

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26 marzo 2010

Liquore alla liquirizia


Fine settimana in arrivo, oltre le micro lavatrici delle cose urgenti fatte durante la settimana (sport e macchie della piccina) di solito il sabato dedico la giornata al bucato generale. Ci sono le lenzuola, le asciugamani ed i vestiti per il lavoro. La giornata inizia col dividerli. Il bianco e il colorato. Oggi ho anticipato buttando solo lo sguardo sul cestone per capire le quantità e... non posso crederci! Durante la settimana ho indossato solo abiti neri e qualche tono di bianco! Ma come ho fatto? Dove sono finiti i colori? Per anni ho rifiutato di acquistare anche solo le calze di color nero, ho evitato anche le giacche, i fermagli per capelli, le scarpe e... me ne accorgo solo ora, tanto che questo pensiero non mi ha mai sfiorata durante la settimana... ma come ho fatto? Al mio matrimonio addirittura avevo impedito a chiunque conoscessi di indossare abiti neri e al ricevimento i miei fratelli avevano fatto un bel passaparola sul mio desiderio di vedere tante persone in abiti colorati, in bianco essendo estate. Ci ero riuscita tanto che in entrambe le occasioni sembrava stessi festeggiando questo evento durante il carnevale di Rio. Stessa situazione mentre aspettavo Viola. Però ora un pensiero mi solleva... se l'ho notato qualcosa è cambiato! Oggi guardo da lontano la cesta e penso che questo grigiore mi abbandonerà, che assieme ai panni laverò via questi pensieri neri e che ripartirò dal bianco per abbracciare un po' di luce e sperare di ritrovare la pace di sempre.

Dopo averlo indossato do un ultimo addio al nero, bevendone l'essenza più nascosta in un dolce liquore alla liquirizia.

LIQUORE ALLA LIQUIRIZIA

Ingredienti per 1 litro e 1/2

100 gr di liquirizia purissima*
400 gr di zucchero
700 gr di acqua
300 gr di alcool puro

In un mixer frullate lo zucchero e la liquirizia insieme a velocità dalla minima alla più veloce fino a ridurre in polvere il tutto (circa 10-15 secondi).
Versate in una pentola molto alta, aggiungete l'acqua e lasciate cuocere 10 minuti a partire dal bolllore mescolando spesso. (Attenzione alla schiuma che potrebbe fuoriuscire: in questo caso per evitare che accada abbassate la fiamma e usate assolutamente una pentola molto grande).
Spegnete il fuoco e lasciate raffreddare. Solo dopo essersi accertati che il composto sia freddo aggiungere l'alcool. Girate con un cucchiaio e versate nelle bottiglie prescelte.

*Io ho usato una liquirizia prodotta dall'Azienda Menozzi De Rosa di Pescara, in vendita nel bookshop del Museo dove lavoro.

24 marzo 2010

Tiramisù al pistacchio

Ci vorrebbe un po' di vento per spazzar via queste nubi, un po' di vento che soffi sui miei pensieri sempre più affollati, che mi scuota, mi sospinga, mi indichi dove andare senza pensare. Ci vorrebbe quella sana incoscienza che animava la mia vita fino a qualche tempo fa. A proposito, dove è finita? Mi sembra al confronto che le cose allora fossero più semplici. Solo un'impressione. In ogni fase della mia vita ci sono state fasi come questa: un bivio davanti, un po' di tempo per decidere quale strada intraprendere, il coraggio di imboccare quella scelta e di andare avanti senza guardare indietro. Non è cambiato nulla a ben pensare, le scelte di allora erano solo più facili, quasi indotte. Ecco che allora ci vorrebbe un po' di vento, che mi sollevi da tutto e mi faccia guardare per un po' la vita come uno spettatore, oggettivo, distaccato, sincero. Un po' di vento che mi sveli i colori della primavera, a togliere questi giorni plumbei e a mostrare le bianche vette della Majella, mentre il verde acceso dell'erba sta già inondando i prati. Io sono qui che aspetto.

Dedicato al bianco, un alito di vento intrappolato.
Dedicato al verde, mare di primavera


TIRAMISU' DI PRIMAVERA

Ingredienti

3 albumi

300 gr di zucchero a velo

50 gr di cioccolato fondente

250 gr di panna liquida fresca (crema di latte)

2 cucchiai di crema al pistacchio (o 100 gr di granella di pistacchi ridotta in polvere)

alcuni pistacchi a pezzetti per decorare

Prepara la sfoglia di meringa:

In una terrina monta le chiare a neve durissima aggiungendo 125 gr di zucchero a velo setacciato.
Incorpora lentamente il rimanente zucchero a velo setacciato e metti tutto in una tasca da pasticcere.
Con una bocchetta a stella crea lunghe strisce di meringa l'una accanto all'altra su un foglio di carta da forno disposto su una teglia in modo da formare una sfoglia unica. Spargi il cioccolato fondente a pezzetti e inforna a 100° per un'ora. Spegni il forno e lascialo aperto fino a far asciugare completamente (anche una notte intera come ho fatto in questo caso)

Farcisci:

Taglia la meringa in quadrati della dimensione che preferisci. Monta la panna ben fredda e unisci man mano la crema o la granella di pistacchio fino a vedere la panna diventare verde. Metti in una tasca da pasticcere e farcisci le sfoglie in due strati. Sull'ultimo strato spargi dei pezzetti di pistacchio e servi le monoporzioni in un piatto cosparso di cacao amaro in polvere. 

Con questa ricetta partecipo al contest di marzo de La Cucina Italiana dedicato al Tirmaisù


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Cucinalkemika. Laboratorio di pensieri tramutati in cibo : 01/12/10 - 01/01/11

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